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Ultima modifica: 18 Gennaio 2019
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Ero in carcere e mi avete scritto

ITE Tosi Carcere di Opera

Nell’ambito del Progetto Ero in carcere e mi avete scritto, lunedì 21 Gennaio 2019 presso l’Aula Magna del nostro Istituto, alcune delle nostre classi incontreranno il Cappellano del Carcere di Opera (MI) dott. Claudio Savi ed il Comandante della Polizia Penitenziaria, Commissario Amerigo Fusco.

Gli alunni faranno esperienza di un incontro di conoscenza e riflessione sui temi della giustizia, errore-pena ed espiazione-rieducazione.

La riunione prevede la lettura di alcune lettere scritte dai detenuti, la presentazione delle loro storie e del sistema carcerario di Opera.

A seguito verrà data agli studenti la possibilità di ottenere risposta alle domande che vorranno porre. Le classi che aderiscono al progetto potranno inoltre avviare uno scambio epistolare, guidato dal docente di riferimento, con un gruppo di detenuti seguiti a loro volta dal Cappellano.

Tra i fini principali dell’iniziativa quello di contribuire allo sviluppo di una sensibilità attenta ai problemi del mondo e di un senso critico aperto all’esercizio della giustizia e solidarietà.

“Il Carcere di Opera ospita detenuti con pene definitive a lungo termine. I reati commessi sono fra quelli che hanno la maggior rilevanza nel campo penale e per questa ragione comportano pene detentive estremamente elevate con regimi di sorveglianza molto stretti. Condizione che crea un voluto isolamento fra il mondo ed i detenuti” ci spiega il Dott. Savi.

Grazie ai vari progetti e alla gestione particolarmente attenta del personale carcerario, molti di loro hanno potuto avviare un percorso di rieducazione che spesso ha condotto a risultati di assoluto rilievo. Uno dei risvolti più interessanti e promettenti di questo percorso risiede proprio nella finalità educativa che contribuisce ad evitare che altri giovani possano incappare nei loro stessi errori.

Da qui la disponibilità dei detenuti a raccontarsi, sotto forma epistolare, a chi si mostra disposto all’ascolto, coltivando in questo modo la certezza che le loro voci, provenienti da un mondo molto spesso pregiudicato e altrettanto ignorato, possa contribuire a farli sentire non più dei mostri (come spesso vengono dipinti) ma più semplicemente degli esseri umani che, con fatica e sacrificio, stanno progressivamente recuperando quella dignità di uomini che purtroppo avevano smarrito.